Ci siamo imbattuti per caso negli scritti di Rossano Pazzagli, storico e docente all’Università del Molise, che da anni studia i territori interni, i piccoli centri e le comunità rurali italiane. Le sue parole ci hanno colpito per la loro semplicità e profondità, ma anche perché – leggendo tra le righe – sembrano parlare di noi, di Casale di Carinola e della sua anima sospesa tra passato e futuro.
Pazzagli ci invita a guardare i borghi non come musei a cielo aperto o cartoline ingiallite dal tempo, ma come luoghi vivi, capaci di costruire un nuovo modo di abitare e convivere. Per lui, il borgo è un laboratorio di futuro: un posto dove la storia non è un peso, ma una radice che nutre il presente.
Un borgo, scrive, è tale non solo per la bellezza dei suoi vicoli o per l’armonia delle sue pietre, ma perché al suo interno esiste una comunità che si riconosce, che partecipa, che condivide.
E allora ci siamo chiesti: Casale di Carinola dove si trova in tutto questo?
Siamo ancora un paese, con i nostri ritmi quotidiani, le abitudini che resistono al tempo e quella familiarità che fa sì che “ci si conosca tutti”? Oppure stiamo diventando un borgo, riscoprendo lentamente la nostra identità, i luoghi storici, le tradizioni e quella voglia di ritrovarsi che negli ultimi anni sembra riaffiorare tra eventi, restauri e iniziative culturali?
Forse Casale si trova oggi in una terra di mezzo. Da una parte c’è il ricordo delle generazioni che hanno vissuto la piazza, le vigne, le chiese e le feste popolari. Dall’altra, la spinta di chi sogna un paese più vivo, più curato, più consapevole del proprio valore.
Ci sono le case antiche che tornano ad aprirsi, i giovani che riscoprono l’importanza delle radici, e un senso di orgoglio che, a tratti, sembra voler rifiorire.
Rossano Pazzagli direbbe che la rinascita dei luoghi non passa dai progetti grandiosi o dalle mode turistiche, ma dalla volontà della gente. Dalla capacità di una comunità di rileggersi, di ritrovare la propria voce e di decidere cosa vuole diventare.
E allora, forse, la vera domanda è questa: Casale vuole restare un paese o diventare un borgo nel senso più autentico del termine?
Un borgo dove non si vive solo di memoria, ma di presenza, di partecipazione, di scelte condivise.
La risposta, come sempre, non è scritta da nessuna parte.
Dipende solo da noi, dai casalesi.

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