La Ferrovia degli Aurunci: ieri, oggi — e un potenziale domani



La ferrovia nota come “Aurunci” è in realtà la linea Sparanise–Gaeta, inaugurata il 3 maggio 1892 e aperta al traffico passeggeri il giorno seguente.  Il suo tracciato — circa 59 chilometri — prendeva origine da Sparanise (sulla Napoli–Cassino–Roma), si staccava al “Bivio Gaeta” a poco più di 3 km da Sparanise, percorreva l’interno attraversando zone agricole, collinari e pedemontane, toccando poi località come Maiorisi, Carinola, Cascano, Sessa Aurunca Superiore, Cellole‑Fasani, Santi Cosma e Damiano – Castelforte – Suio Terme, Minturno‑Scauri, Formia, fino a giungere a Gaeta sul Tirreno. 


La linea fu realizzata a binario unico, con trazione a vapore (locomotive del gruppo 600), e per superare i dislivelli e raggiungere la costa venne realizzata un’opera ingegneristica impressionante: il celebre Viadotto del Pontone — i “25 Ponti” — costituito da 25 arcate da 12 metri ciascuna, tra Formia e Gaeta. 


Nel corso della sua vita la linea cambiò: dopo il 1922, con l’apertura della direttissima Roma–Napoli via Formia, e soprattutto dal 1927 con il completamento, la Sparanise–Gaeta perse parte del suo ruolo strategico, venendo divisa in due tronconi: da Formia a Gaeta — che mantenne un discreto traffico — e da Sparanise a Formia/Sparanise a Minturno-Scauri, di minore importanza. 


La seconda guerra mondiale colpì duramente la linea: bombardamenti e distruzioni — specialmente del viadotto e di tratti cruciali — ne segnarono il declino.  Dopo la ricostruzione venne mantenuto solo un tratto ridotto, ma per la parte interna il declino fu inesorabile: la sezione da Sparanise a Minturno-Scauri fu soppressa il 23 marzo 1957.  Per la tratta costiera Formia–Gaeta i servizi continuarono fino al 1966 per i passeggeri (poi sostituiti da autobus) e fino al 1981 per le merci. 


Oggi poco resta della vecchia rete ferroviaria: alcune stazioni — come Carinola e Sessa Aurunca Superiore — mantengono i fabbricati originali, spesso trasformati in abitazioni private.  Alcuni viadotti o viottoli in mattoni e gallerie abbandonate punteggiano il territorio, talvolta usati come sentieri locali o completamente dimenticati.  Il tratto attivo — per quanto appena riattivato in parte come raccordo merci per l’interporto di Gaeta — non ha mai riavuto un vero servizio passeggeri. 


Eppure questa ferrovia dismessa — questa “infrastruttura fantasma” — potrebbe avere oggi un senso concreto se pensata come infrastruttura di mobilità, turismo e valorizzazione territoriale.


Un ripristino, anche parziale, della linea potrebbe offrire:


Un collegamento interno che metta in rete l’entroterra — zone agricole, colline, paesi — con il litorale, migliorando la mobilità per residenti, pendolari, studenti.


Una possibilità di turismo lento e sostenibile: percorsi su rotaia + terra, che uniscano colline, coste, borghi storici, paesaggio naturale e patrimonio culturale; un progetto in linea con iniziative italiane ed europee di “ferrovie storiche/turistiche”.


Valorizzazione del territorio con investimenti: recupero di stazioni e immobili ferroviari, creazione di servizi — ospitalità, agriturismo, ristorazione, centri culturali — che valorizzano le risorse locali; stimolo all’economia agricola e ai prodotti locali sfruttando un trasporto più efficiente.


Un’alternativa sostenibile al traffico su gomma: minore impatto ambientale, possibilità di ridurre il traffico su strade e litorali, aumento dell’attrattività territoriale anche per nuovi residenti, famiglie, giovani.



Negli anni sono stati fatti tentativi di rilanciare l’idea: la linea è stata inserita — almeno come ipotesi — nel piano urbanistico di alcuni enti locali con l’idea di un ripristino, o di un uso alternativo.  Ma, allo stato attuale, non esiste un progetto concreto e approvato per la riattivazione completa — né per il traffico passeggeri né come rete regionale.


Raccontare oggi la Ferrovia degli Aurunci non significa evocare solo un passato — ma guardare a una possibilità: quella di dare nuova vita a infrastrutture dimenticate, riconnettere territori, offrire opportunità concrete a comunità rurali o marginali, e valorizzare storia, paesaggio, economia locale. Un progetto che, se sostenuto, potrebbe trasformare decenni di oblio in una rinascita concreta — col treno, con lentezza, con identità.

Commenti

Novelio Santoro ha detto…
Bravo Diego, ottimo articolo!