Milioni di adolescenti si svegliano senza social: il primo divieto al mondo scuote il web. E in Italia, lo vorremmo davvero?
Una notizia destinata a far discutere arriva dall’altra parte del mondo: oggi in Australia milioni di adolescenti sotto i 16 anni si sono svegliati senza social. È entrata infatti in vigore la nuova legge che blocca l’accesso ai principali social network a tutti gli under 16, costringendo piattaforme come TikTok, Instagram, Facebook, Snapchat, YouTube, Reddit, Twitch e Threads a implementare sistemi di verifica dell’età ben più severi di quelli usati finora.
Non sarà più sufficiente inserire una data di nascita falsa: i colossi digitali dovranno verificare davvero l’età degli utenti, pena multe fino a 49,5 milioni di dollari australiani. Di fatto, questa mattina migliaia di account giovanili risultavano già bloccati in attesa di una conferma d’identità.
Il premier Anthony Albanese ha definito questo passaggio “un giorno di orgoglio per l’Australia”, convinto che una misura così rigida possa ridurre rischi molto concreti che riguardano i minori:
dipendenza da smartphone e scorrimento compulsivo,
cyberbullismo e isolamento sociale,
contenuti violenti o inappropriati,
contatti con sconosciuti e tentativi di adescamento,
danni all’autostima causati dal confronto costante con immagini patinate e irrealistiche,
alterazione del sonno e difficoltà scolastiche,
crescente ansia da prestazione social.
Problemi reali, quotidiani, che tanti genitori conoscono fin troppo bene.
Ma non mancano le polemiche: molti temono che, chiusi fuori dai social più conosciuti, i ragazzi possano migrare verso piattaforme meno controllate e potenzialmente più pericolose. Altri parlano di una limitazione eccessiva della libertà e dei diritti digitali dei giovani.
Eppure, l’Australia è ora il primo Paese al mondo ad aver avuto il coraggio di intervenire in modo così netto. E la domanda che inevitabilmente arriva fino a noi è semplice e scomoda:
Una legge del genere la vorremmo in Italia?
Siamo pronti anche noi, come società, a imporre controlli più severi per proteggere i minori?
Siamo disposti ad accettare un sistema in cui l’accesso ai social non è un diritto automatico sotto i 16 anni?
O crediamo che la soluzione passi più dall’educazione digitale che dai divieti?
Forse non esiste una risposta unica. Ma la scelta australiana ci invita a riflettere – da genitori, educatori e semplici cittadini – su un fatto: i social sono entrati nelle vite dei bambini troppo presto e troppo velocemente, mentre gli strumenti per proteggerli sono rimasti indietro.
Questo dibattito, prima o poi, toccherà anche il nostro Paese.
E quando accadrà, sarà importante arrivarci con una domanda già chiara in mente:
quanto vale, per noi, la sicurezza digitale dei nostri ragazzi?

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