C'era un tempo, non troppo lontano, in cui la notte di San Silvestro a Casale di
Carinola era magica, forse perché ero un bambino e vedevo tutto con occhi
diversi. Il paese si trasformava, l'aria si riempieva di profumi e colori
indimenticabili. I falò, chiamati "fuocaracci", illuminavano tutto il paese,
scaldavano il cuore e le mani. Le persone facevano un vero e proprio tour di
questi falò con gli strumenti tipici: sceta vaiasse, triccaballacche e buche
buche, per fare la cantata di San Silvestro detta Santu SuleViesto. Sopra questi
falò si bruciava un ramo di alloro, simbolo di rinascita, per bruciare il
vecchio anno. Oggi, molte di queste tradizioni si sono perse, anche a causa
della mancata organizzazione dei falò negli ultimi anni, del conseguente
abbandono del canto e delle norme e leggi sulla pericolosità dei falò. Il
ricordo di quelle notti magiche continua a vivere nel cuore di chi le ha
vissute. La nostalgia ci riporta indietro nel tempo, quando il vicinato e non si
univa intorno al calore dei falò, del canto e del buon vino, creando
un'atmosfera unica e indimenticabile. A due settimane dal Capodanno, il pensiero
torna a quelle notti, e un po' di malinconia si mescola al desiderio che
tradizioni così belle possano rivivere. Santu su le Viesto è un canto che merita
di essere ricordato, soprattutto perché da anni non si fanno il fuocaracci e non
si fa un buche buche. Molti dei ragazzi più giovani probabilmente non conoscono
nemmeno il testo di questo importantissimo canto augurale per noi Casalesi.
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il vecchio nostalgico
Vi lasciamo qui il testo della cantata di San Silvestro
Santu suleviestu e nui cantammu priestu,
oggi è calenne e rimani e gl’annu nuovu,
oggi è la festa santa e la santa signuria,
che Dio ce l’accresce sta bella cumpagnia
Susci e risusci e Dio ce l’accunusc
a‘ccunuscicella bona sta casa gentilora
hoi gentilora che ‘mparavisu stai
e libbera sta casa da pene e da uai
hoi palummella che purtate ‘mpiettu
garofanu e cannella,battesimu de Cristu
prima nascette Cristu e po’ cantette ru gliagliu
che Dio ce ru manna stu buonu capurannu.
Hoi padrona de chesta casa,
tu faccella na
bona spasa
d’auciati e mustacciuoli
e nu pirettu de vinu buono.
d’auciati e
susamiegli,
e racce puri nu beccheriegliu.
Buon innu! Buon annu! E buonu
Capurannu!
E comme ce semmu venuti auannu, da ‘cca e cient’at’anni.
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